Catalogna, la crisi politica spiegata

Ho deciso di condividere un po’ di pensieri sulla crisi politica in corso qui in Catalogna, relativa al movimento per l’indipendenza di questa regione, in un video.


Note: la Catalogna non è certo un caso unico, solo in Europa ci sono diversi altri casi di regioni in cui alcuni vorrebbero separarsi dai rispettivi stati: i Paesi Baschi anch’essi dalla Spagna, il Sud Tirolo, il Veneto e la Lombardia dall’Italia, la Scozia dal Regno Unito, le Fiandre e la Vallonia in Belgio… certamente la Catalogna è il caso più esplosivo degli ultimi tempi, proprio per la grande ricchezza di questa regione.

Un esempio di come Mariano Rajoy batte il chiodo della “legalità” è in questa conferenza stampa, mentre un esempio del re Felipe che fa la stessa cosa è in questo suo discorso.

Relativi: Roma vs Barcellona

Il lavoro nel futuro: umani o robot?

Una questione affascinante su cui riflettere è: chi lavorerà nel futuro, umani o robot?

I robot prenderanno in carico quasi tutti i lavori? E in questo caso, che cos’altro faranno gli umani durante il giorno, con tutto il tempo libero a disposizione? Oppure lo scenario non cambierà granché: seppure in una società più robotizzata gli umani continueranno comunque a lavorare gran parte del tempo?

Ai due diversi scenari corrisponde il cambiamento, o il mantenimento, del concetto stesso di lavoro e di alcune strutture, soprattutto il sistema del denaro e la produzione di energia. Facile capire che se cade la necessità di guadagnare denaro, e se cade la necessità di pagare l’energia, più facilmente cade anche la necessità di lavorare.

Voglio provare ad analizzare le due possibilità. Sulla prima posso offrire un punto di vista personale, considerando che mi ritrovo già a viverla: non ho un lavoro e ho tantissimo tempo libero. In questo caso c’è da valutare cosa succederà se la percentuale di persone che vivono come me, oggi una minoranza, aumenterà in futuro. Preferisco però partire dallo scenario più familiare e quindi semplice da immaginare: quello in cui gli umani continueranno a lavorare gran parte del tempo.

Gli umani continueranno a lavorare

Che la tecnologia continuerà comunque a svilupparsi mi sembra ovvio, per cui inevitabilmente continuerà la tendenza che va avanti ormai da un po’: cioè gli umani continueranno ad essere sostituiti progressivamente dai robot nel lavoro, visto che i robot in gran parte dei casi sono più precisi ed efficienti.

Per molte persone che hanno provato a prevedere il futuro, questo argomento è significato automaticamente che arriverà il giorno in cui l’umanità sarà liberata dal lavoro. Ma io non sono certo di condivire questo ottimismo. Mi sembra invece da non sottovalutare la possibilità che, man mano che i lavori umani passeranno di mano ai robot, sempre più lavori falsi verranno inventati per tenere occupati gli umani.

Con lavori falsi intendo lavori improduttivi, che non generano risorse concrete, o lavori superflui, che generano risorse in eccesso che poi vengono buttate via. In effetti tanti lavori di entrambe le tipologie esistono già adesso, e tengono occupata l’umanità già adesso. Per cui quello di cui sto parlando non è altro che una continuazione del fenomeno già in corso, che potrebbe sopravvivere e amplificarsi.

Oggi esempi molto evidenti di lavori improduttivi si vedono nel settore bancario e politico, mentre dei lavori superflui ne è diventato testimonianza internet, che ormai è decisamente ultra-saturo, perché inondato ogni giorno da nuovi contenuti creati da plotoni di giornalisti e autori, contenuti che però raggiungono un pubblico sempre più microscopico. Anche molte scuole odierne sono fabbriche di lavori superflui, dedicati a fornire agli studenti tante conoscenze che non useranno mai -quindi le butteranno via– in età adulta.

È plausibile che il futuro presenterà un quadro in cui, seppure nel contesto di una grande abbondanza di risorse generata da robot ancora più avanzati ed efficienti di quelli attuali, gli umani continueranno comunque ad avere pochissimo tempo libero, perché molto occupati in lavori inventati… appunto allo scopo di tenerli occupati.

Ci si può chiedere: lavori inventati da chi? Un complottista probabilmente risponderebbe “dal sistema”, e non c’è certo dubbio che il sistema trae beneficio dall’avere la maggioranza delle persone impegnata a lavorare, con poco tempo libero. In questo modo si ha una massa più ignorante e stanca, facile da manipolare. Io però credo che per lo più siano le persone stesse a tendere verso questi lavori inutili, senza troppa necessità di una qualche “agenda segreta” che ce li spinga.

Per capirne il motivo basta osservare come si comportano le persone quando hanno tempo libero: la maggior parte, in effetti, non è per niente a suo agio con il tempo libero.

Il tempo libero è interruttore che può causare un aumentato livello di coscienza, e un alto livello di coscienza spesso è difficile da sostenere: nascono domande a cui è durissimo rispondere, nascono tante incertezze. È per questo motivo che spesso le persone, quando non lavorano, fanno un lavoro sistematico proprio per abbassare il livello di coscienza: mangiando cibo spazzatura, guardando la televisione, facendo shopping, bevendo alcool.

In aggiunta a questa tendenza spontanea, come anticipato sopra, due fattori determinanti sono il denaro e l’energia. Se perdura un sistema finanziario simile a quello attuale, molti umani continueranno a trovarsi in una situazione di grande abbondanza di risorse (abbondanza che probabilmente si estremizzerà grazie ai robot), ma a tali risorse continueranno a poter accedere solo tramite il denaro, che quindi cercheranno di guadagnare lavorando. Similmente per l’energia: se non diventerà abbondante e di facile accesso per tutti, gli umani continueranno a lavorare per pagarla.

Inoltre potrebbe nascere tutta una serie di nuovi bisogni artificiali, a cui risponderebbero tanti nuovi lavori artificiali. Qui si può immaginare un numero di scenari più o meno distopici, ad esempio un pianeta in cui nonostante i robot avranno risolto completamente il problema di produrre le risorse essenziali, gli umani saranno comunque assorbiti da una gigantesca industria di intrattenimento, fatta di realtà virtuali e videogiochi, all’interno della quale continueranno a lavorare molte ore a settimana.

L’idea suona abbastanza inquietante, ma in effetti non sarebbe altro che l’acutizzazione di quello che succede oggi. In questo senso si potrebbe dire che il futuro è già adesso. L’unica differenza sarebbe che, se oggi la percentuale lavori reali vs lavori artificiali è qualcosa come 30% vs 70%, in futuro potrebbe sbilanciarsi ancora di più verso i lavori artificiali, e diventare qualcosa come 5% vs 95%. All’interno della piccola percentuale di lavori reali che sopravviveranno in futuro, probabilmente esisteranno quasi esclusivamente i lavori in cui il “fattore umano” (immaginazione, creatività, emozioni) è un vantaggio non sfidabile dall’efficienza robotica.

Riassumento brevemente quindi, in questo primo scenario molti umani continuerebbero a lavorare anche nel futuro, sia per sfuggire al tempo libero o sia perché continuerebbero a credere di dover lavorare. Questo implica che seguirebbero ad adottare il concetto di lavoro che esiste adesso (è “lavoro” se viene retribuito con denaro), e implica che seguirebbero a non accorgersi che lavorare per denaro, in un sistema finanziario simile a quello attuale, è come giocare a un tavolo di poker truccato a proprio sfavore.

Si tratta dello scenario che mi attrae di meno, perché prevede un’umanità futura molto inconsapevole, ma conserva comunque alcuni aspetti positivi, soprattutto per quella minoranza di persone che decideranno di non lavorare. Infatti visto che tutti gli altri saranno occupati a lavorare, per chi avrà più tempo libero ci saranno più opportunità disponibili, meno competizione, meno traffico, meno file, e così via.

Gli umani smetteranno di lavorare

La seconda possibilità consegue a una trasformazione più radicale della coscienza, e credo anche che corrisponda allo scenario più probabile. In effetti, tendo anch’io a dare per scontato che si andrà verso questo scenario nel futuro, se non fosse che la domanda “ma allora perché non è già successo?” mi fa essere cauto. La mia impressione è che una trasformazione avverrà, ma molto più lentamente di quanto prevedono alcuni.

In questa visione, le persone abbandoneranno in massa quello che oggi viene considerato lavoro. Volenti o nolenti, la disoccupazione arriverà per quasi tutti: alcuni abbandoneranno il lavoro consapevolmente e volontariamente, altri invece verranno spinti nella disoccupazione dai robot, da cambiamenti profondi del denaro (magari da fiat a criptovaluta), dagli imprenditori che renderanno l’energia abbondante e accessibile, da governi più piccoli ed efficienti.

Quelli che verso la disoccupazione ci verranno spinti, probabilmente, cercheranno più degli altri di tenere in vita un mercato di lavori falsi, che difficilmente sparirà del tutto. Gli altri però si saranno finalmente arresi all’evidenza: in un mondo altamente tecnologico e abbondante di beni e servizi, prodotti facilmente dai robot e accessibili a tutti, il vecchio concetto di lavoro non ha più senso: la sua motivazione di esistere, semplicemente, è sparita.

Tutte queste persone dunque si ritroveranno di fronte alla stessa questione che io ho già affrontato qualche anno fa, quando ho abbandonato il mio impiego: che cosa faccio durante il giorno? Fino ad oggi, per molte persone questa domanda probabilmente suonerebbe addirittura come minacciosa: la collegherebbero immediatamente alla domanda come farei a evitare la noia?. È da qui infatti che parte la ricerca di distrazioni, di attività che “tengano occupati” (quali sono ormai molti lavori esistenti).

Che succederà però nel futuro, se le persone ci guarderanno dentro a questa noia, anziché cercare di evitarla con l’intrattenimento? In effetti, se i lavori falsi avranno perso qualunque credibilità come opzione di riempi-tempo parziale, estendere le finzioni televisive e i videogiochi a tutto il tempo potrebbe farsi sentire come insoddisfacente per molte persone. Anche viaggiare nel mondo reale, un’attività che molti fantasticano di fare “se non fosse per il lavoro”, se fatto continuamente potrebbe non riuscire a scacciare la sensazione di mancanza di scopo.

Che cosa faccio con il mio tempo? è una questione difficile -persino esistenziale– visto che inevitabilmente fa nascere altre domande in catena: che cosa faccio con la mia vita? e quindi qual’è il senso della vita? In faccia a quest’ultima domanda potrebbero ritrovarsi a guardare in tantissimi nel futuro, molti più di oggi. E dalla gran varietà di risposte che giungeranno, il pianeta e la società potranno davvero trasformarsi in modi imprevedibili.

È possibile che, dopo svariate riflessioni, molte persone giungeranno a una conclusione simile a quella a cui sono giunto io: a meno di vivere la vita aspettando che si manifesti una qualche “divinità” o “autorità superiore” a rivelarci un senso della vita universale, che vale per tutta l’umanità (cosa che forse, probabilmente, non avverrà mai) è bene che ce lo assegnamo da soli, individualmente, un senso alla nostra vita. Il senso che scegliamo è proprio il senso della vita, quello “giusto”.

Tale scelta sarà cruciale per decidere se anche nel futuro noi umani continueremo a fare qualcosa durante il giorno, piuttosto che diventare una specie quasi del tutto inattiva, imboccata dai robot. Chi si sarà preso il tempo per decidere come usare la propria vita, avrà la motivazione per svolgere delle azioni.

A questo punto però, tali azioni faranno parte di un concetto di lavoro del tutto nuovo, profondamente diverso dal precedente, proprio perché profondamente diversa sarà la motivazione che lo genera. La motivazione non sarà più ottenere i “vecchi” beni e servizi, ormai in esubero e poco interessanti, ma sarà un impulso proveniente soprattutto dall’interno, e non più dall’esterno.

A un cambio così sostanziale nella motivazione che genererà il lavoro, conseguirà probabilmente un cambio sostanziale nei campi verso cui tale lavoro si indirizzerà. Difficile immaginare, in effetti, che in uno scenario in cui il lavoro sarà altamente facoltativo e gli umani decideranno di farlo a seguito di un processo di introspezione, gli sforzi verranno impiegati per produrre souvenir o educazione irrilevante. Possibilmente a ricevere una forte spinta saranno campi nuovi come la sperimentazione genetica, l’esplorazione spaziale, e soprattutto la ricerca sul funzionamento della mente.

Questo che descrivo qui, quindi, è uno scenario in cui gli umani smetterebbero di lavorare -ma per quello che è il vecchio concetto di lavoro-. Molti però potrebbero rimanere attivi adottando una nuova filosofia, ed è proprio secondo questa che potrebbero cominciare più spesso a sentire di voler “lavorare”.

Il mio percorso

Io alla questione che cosa faccio con il mio tempo? ho avuto la fortuna di arrivarci ben preparato. La disoccupazione è qualcosa che ho cercato e voluto fortemente. Il motivo della mia determinazione è venuto proprio dall’essermi preso del tempo per decidere quale fosse il senso della vita, per che cosa volessi usare la mia.

La risposta che ho trovato, che comunque si è raffinata col tempo e che continua a raffinarsi, è che il senso della vita è l’amore: l’amore che diamo e l’amore che riceviamo. In seconda battuta, il senso della vita consiste anche in esplorare e capire meglio l’universo, godere delle cose belle che esistono, e produrre nuove cose belle.

Questo tipo visione di questo tipo ha avuto effetti in tante aree della mia vita, e ovviamente anche sul mio concetto pratico di lavoro. Il concetto che avevo prima è diventato obsoleto e ormai non più proponibile. Lavoro è diventato aggiungere qualcosa di bello al mondo, e di alta qualità. Favorire la qualità rispetto alla quantità mi sembra imprescindibile a questo punto, visto appunto il grado di saturazione a cui è giunta la produzione umana in moltissime aree, sia di prodotti materiali che immateriali.

Trovo che per me funziona bene, tenere in mente questo principio generale: infatti qualunque sia il progetto specifico a cui decido di dedicarmi (che sia scrivere un articolo, produrre un documentario, costruire una casa…), mi ricorda sempre perché lo sto facendo e come farlo. Il che non comporta certezza di buoni risultati, ma trovo che mi motiva ad agire. È un principio che ha creato e crea con naturalezza attività da inserire nel mio tempo, quando sento di voler “lavorare”. In effetti è difficile ormai etichettarlo come tempo lavorativo o tempo libero, visto che il confine tra i due è irrimediabilmente diventato molto sfumato.

Raccogliere una cartaccia per strada è lavoro? Curare il giardino è lavoro? Anche quando le persone mi chiedono che lavoro fai? non sono proprio sicuro di cosa rispondere, anche se ultimamente me la cavo spesso con un rapido ed elegante “imprenditore”.

Riguardo a quanto lavorare, in questi ultimi anni ho sentito di lavorare sui miei progetti solo qualche ora al giorno, una quantità di tempo piccola che comunque mi ha fatto ottenere diversi risultati che mi sembrano buoni. I motivi per cui non ho lavorato di più sono essenzialmente due: il primo è che, effettivamente, non voglio perdermi tutto il bello che c’è “la fuori” nell’universo (e ce n’è tantissimo) lavorando gran parte del tempo.

Il secondo motivo viene da uno dei miei più grandi conflitti interni, spiegato bene dal famoso mito della caverna di Platone. Detto in breve, ho l’impressione che alcune delle cose più di valore che ho da dare al mondo (ad es. le informazioni utili che ho trovato) spesso al mondo in effetti non interessino granché, per cui spendere tantissime ore a lavorarci intorno forse non ha senso. Allo stesso tempo, non sono sicuro di voler lavorare tanto su qualcosa per cui c’è più interesse, ma che io non “sento” essere il mio forte. Questo è un dubbio che ancora non ho risolto, ma credo comunque che appartenga anche a molte altre persone, per cui non mi sento solo nel conflitto 🙂

In effetti, credo che è attraverso questo tipo di “percorsi” interni (introspezione, come ho scritto sopra) che potrebbe passare la ridefinizione del lavoro nel futuro. Se i lavori sopravviveranno assumendo una forma nuova, abbandonando quella corrente -spesso grottesca- di lavori falsi, tale forma potrebbe essere influita proprio da processi come quello di disidentificazione da parte degli umani con il ruolo lavorativo. Si parla insomma di “rivedere” la relazione con l’ego, una relazione niente affatto… facile.


Note: Seppure affascinante, questo argomento è a dir poco teorico e filosofico. L’articolo potrebbe avere qualche contraddizione, ma credo comunque che contenga diversi spunti utili.

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Tecniche di manipolazione dei media

Molte persone sono convinte di avere delle opinioni proprie: riguardo la politica, l’economia, la cronaca, lo sport, e via dicendo. Ma in realtà spesso le loro opinioni non sono le loro: sono nate, cresciute, e si sono orientate, sotto la guida scaltra di articolisti di giornali, o produttori di notiziari. Le opinioni della gente vengono fatte ricadere dentro un solco già scavato in precedenza.

tecniche-di-manipolazione-mediatica-fronteIn questo articolo ho deciso di raccogliere alcune tecniche di manipolazione che i media usano per influenzare le masse, tra quelle che io riesco a vedere, e tra quelle che più mi impressionano per quanto sono subdole e dannatamente efficaci. Queste tecniche vengono utilizzate dai media più o meno sempre per gli stessi scopi:

  • ricevere attenzione (e quindi soldi tramite pubblicità)
  • portare avanti l’agenda di qualche partito politico o corporazione

Naturalmente le persone che vengono influenzate dai media non ne sono mai coscienti  -loro pensano di avere opinioni “personali” e “libere”- per cui spero che, se sei vittima di una di queste tecniche di manipolazione, questo articolo possa esserti utile ad accorgertene. Iniziamo dunque con un grande classico:

1. Puntare costantemente i riflettori su personaggi che contano poco

tecniche-di-manipolazione-mediatica-personaggi-che-contano-pocoUn pilastro fondamentale della manipolazione mediatica è tenere al centro della scena, costantemente, personaggi che contano poco. Spesso si tratta di personaggi propensi a fare uscite forti, razziste, sessiste, che generano facilmente indignazione nel pubblico. Questi personaggi, della cui impopolarità i media sono perfettamente coscienti, vengono intervistati frequentemente, e le loro sciocchezze vengono immediatamente riprese da tutti i giornali generando dei “flame” tra la gente, cioè discussioni infuocate.

Dal canto loro, questi personaggi che contano poco sono spesso compiaciuti dell’attenzione ricevuta, e non sono essi stessi coscienti di essere pedine di un gioco molto più grande, un gioco il cui scopo vero è tenere dietro le quinte, lontani dai fari e sconosciuti ai più, i volti e i nomi dei personaggi che contano per davvero: banchieri, lobbisti, capi di corporazioni, e questi di certo si vedono molto meno nei notiziari.

Funziona benissimo: la gente concentra tutto il suo odio e i suoi insulti su personaggi irrilevanti, senza accorgersi che la vita pratica che fa tutti i giorni (sveglia – caffè – di corsa fuori casa – traffico – ufficio – spesa…) dipende invece fortissimamente dalle decisioni di ben altri personaggi, che lontani dai riflettori esercitano il potere indisturbati.

Magari, a volte, anche questi altri personaggi hanno pensieri razzisti o sessisti, ma si guardano bene dal dargli voce in televisione: loro sono abbastanza intelligenti da non fare dichiarazioni che ne potrebbero compromettere l’immagine pubblica, e stanno ben attenti a non sovraesporsi. Preferiscono lasciare i burattini al centro della scena.

2. Puntare costantemente i riflettori su luoghi che contano poco

tecniche-di-manipolazione-mediatica-telecamere-parlamentoDavvero pensi che sia il parlamento il luogo in cui si prendono le decisioni importanti? Raramente. Le decisioni importanti ormai si prendono in tutt’altri luoghi: in ville private, sui tavolini dei bar, nei ristoranti. E le prendono appunto quei personaggi sconosciuti alla massa, che discutono di accordi miliardari indisturbati dalle telecamere.

Nel frattempo i media continuano a dare ampia copertura a quello che succede in parlamento: le votazioni, le dichiarazioni dei politici, le bagarre in aula quando l’opposizione si scalda, i battibecchi su questioni marginali, e via dicendo.

Intendiamoci: in teoria avrebbe davvero molto senso tenere puntata l’attenzione sul parlamento… se il parlamento fosse davvero il luogo dove si fanno le leggi. Purtroppo in pratica, e questo vale per molti governi, il parlamento nella sua globalità è una macchina di una inefficienza mostruosa, che produce una legge ogni morte di papa. Non è questione di destra, sinistra, centro o opposizione: è proprio il parlamento intero che è un organo improduttivo.

E nei pochi casi in cui arriva davvero a produrre una legge, il processo spesso è ben poco democratico. Infatti non c’è nessun dialogo tra le parti: ogni politico si alza, prende il microfono, fa le sue dichiarazioni che gli avversari a malapena ascoltano, e si siede. La scena si ripete a parti invertite. Dopodiché si vota seguendo indicazioni arrivate dall’alto, dai capi delle due fazioni, che spesso non sono nemmeno seduti parlamento, o addirittura non ne fanno parte affatto (lobbisti, banchieri, etc).

In maniera analoga al caso precedente quindi, una seconda tecnica di manipolazione mediatica -efficassima- consiste nel puntare costantemente i fari sul parlamento, suggerendo l’idea che è quello il centro dell’azione, lasciando invece che ai tavolini di un bar, a pochi isolati di distanza, qualcun altro stia decidendo le sorti del paese davanti a un caffè.

3. Inondare blog e giornali online di trolls

tecniche-di-manipolazione-mediatica-trolls-internetCasomai non foste familiari con il gergo di internet, nell’ambito dei blog e dei siti di notizie online, un troll è qualcuno che commenta un articolo con degli scopi ben precisi: creare divisioni nella comunità, ridicolizzare l’autore, insinuare dubbi tra i lettori, smorzare gli entusiasmi.

L’elite che detiene il potere ha capito una cosa: è facile manipolare il pubblico attraverso i vecchi media monodirezionali, come la televisione. Con la televisione la propaganda viene propinata agli spettatori, senza che questi possano fare molto più che assorbirla. Ma è molto più difficile tenere sotto controllo internet. Non solo esiste una varietà enorme di siti di opposizione che diffondono contenuti “scomodi”, ma quegli stessi siti di opposizione permettono uno scambio bidirezionale: gli utenti possono commentare gli articoli, discutere tra di loro, mettersi in contatto. E tutto ciò è estremamente pericoloso per chi detiene il potere.

La tecnica più efficace che hanno trovato per manipolare le persone quindi -anche su internet- è quella di inondare questi siti di trolls. Trolls che, non appena viene pubblicato un nuovo articolo dai contenuti potenzialmente “pericolosi”, si mettono all’opera e lo riempiono di commenti carichi di scetticismo, pessimismo, sarcasmo, o in cui semplicemente insultano gli altri utenti reali creando dei flame, così che se non altro distolgono l’attenzione dal tema originale che veniva discusso nell’articolo.

I trolls sono difficili da identificare, soprattutto perché grazie all’anonimato tipico di internet possono apparire con nomi diversi, e sembrare numericamente molti più di quanti sono in realtà. L’efficacia del loro lavoro si gioca sul fatto che molte persone hanno una tendenza naturale a lasciare che la propria opinione si allinei all’opinione collettiva (o almeno che percepiscono come l’opinione collettiva).

Nonostante ciò, con un po’ di esercizio svilupperete abbastanza fiuto da riuscire a smascherarli con agilità, e a quel punto vi accorgerete anche di quali sono i siti che fanno vera opposizione al sistema, perché solitamente sono proprio quelli in cui l’infestazione dei trolls è più grave.

4. Distrarre il pubblico con i diritti

tecniche-di-manipolazione-mediatica-pinkwashing2I media utilizzano diverse strategie per distrarre il pubblico, portando l’attenzione generale via da tematiche importanti e riposizionandola su tematiche minori. Un buon esempio è il grande risalto che danno ai “diritti”, e di questi un caso popolarissimo sono i diritti delle donne e degli omosessuali.

Una parola che spiega estremamente bene questa tecnica è il pinkwashing, cioè il lavaggio del cervello “rosa” che viene effettuato sul pubblico ad opera di governi e corporazioni. I media sono pieni di esempi di pinkwashing: prodotti alimentari che sponsorizzano la ricerca per il cancro al seno, interviste a politici che ripetono come un mantra l’importanza dei matrimoni gay, paesi che promuovono il turismo LGBT e facilitano eventi come il gay pride.

Tutte ottime cause naturalmente… se non fosse che questi governi e corporazioni spesso sono così tanto amichevoli nei confronti delle donne e degli omosessuali più che altro per convenienza (dopotutto è una strategia che costa poco e che dà ottimi risultati in termini di reputazione), ma soprattutto se non fosse che mentre come facciata sono così sensibili ai problemi delle categorie interessante, dietro le quinte adoperano delle pratiche orrende, che vanno dal “poco etico” al “criminale”.

Infatti, da una parte una corporazione alimentare sottolinea l’importanza della prevenzione nella salute delle donne, dall’altra dietro le quinte riempie i propri snack di additivi chimici che danno assuefazione (spesso cancerogeni tra l’altro…) e utilizza modelli di mercato distruttivi per l’ambiente. Da una parte un governo trasmette in televisione frequenti spot pro-gay e in nome dell’uguaglianza, dall’altra dietro le quinte colonizza territori stranieri e pratica la segregazione razziale. E così via.

C’è una forte componente emozionale, quella di donne e omosessuali, che viene sfruttata per manipolare il pubblico. Tra le persone che appartengono a queste categorie, che spesso storicamente sono state svantaggiate, e che più frequentemente sono state vittime di abusi, c’è un forte desiderio di validazione. E chi controlla i media l’ha capito bene: fornisce questa validazione battendo in continuazione il tasto dei loro diritti, per poi poter calpestare i diritti di molte altre categorie senza troppe interferenze.

5. Distrarre il pubblico con problemi insignificanti

test-doggyUna seconda tecnica che i media usano per distrarre il pubblico è discutere problemi insignificanti, e tra questi un caso che mi piace citare spesso è quello dell’abbandono dei cani.

In Italia è un grande classico, che viene riproposto a ogni estate. Stando allo spazio riservato a questo “problema” nei notiziari nazionali, sembrerebbe che ogni anno le autostrade del paese siano percorse su e giù da migliaia di persone crudeli, a caccia di un palo a cui legare il proprio animale. L’idea è ridicola, ma purtroppo funziona molto bene perché sfrutta la componente emozionale di molti appassionati di animali domestici.

Naturalmente, siamo tutti d’accordo che abbandonare un animale domestico è una pratica odiosa, ma dare tanto risalto a questo tema, che numericamente è irrilevante, significa togliere spazio alla possibilità di mostrare problemi veri, ben più impattanti la vita delle persone.

Purtroppo il metodo funziona, e il risultato è tragico e comico allo tesso tempo: mentre il sistema bancario parassitico causa disoccupazione e debiti, mentre in medio oriente migliaia di persone vengono brutalmente torturate e uccise, mentre esiste un’epidemia di problemi legati allo stile di vita, come depressione e intolleranze alimentari… gli spettatori di notiziari e i lettori di giornali si arrabbiano e si commuovono per l’abbandono dei cuccioli.

6. Demonizzare la vera opposizione

tecniche-di-manipolazione-mediatica-demonizzare-vera-opposizioneLe istituzioni che detengono il potere si servono dei media mainstream per neutralizzare i veri oppositori, quelli che denunciano gli abusi e che iniziano a guadagnare abbastanza consenso da rappresentare una seria minaccia, usando una strategia semplice ma certamente efficace: dargli poco spazio, e quando gli si dà spazio, buttargli fango addosso.

Poco importa che un politico, attivista, giornalista, filosofo, abbia un passato irreprensibile. Se viene identificato dal sistema come persona scomoda, ci sono mille modi diversi di dipingerlo nei media facendolo apparire come estremista, disonesto, immorale, pazzo.

Basta riprendere un lungo discorso tenuto dall’oppositore, magari della durata di ore, e da quel discorso estrarre una singola frase che può essere equivocata, per poi sbatterla su tutti i giornali e discuterla in tutti i notiziari. E in termini semplicemente di immagini, l’oppositore può partecipare a un evento pubblico e parlare quasi sempre con espressione rilassata, ma dalle registrazioni di quell’intervento i media possono comunque estrarre un singolo fotogramma in cui l’oppositore ha fatto una smorfia, o un’espressione corrucciata, e piazzarla in prima pagina con un titolo insinuante.

Naturalmente, se il personaggio in questione non ha un passato irreprensibile diventa tutto più facile. Non mi stupirei affatto di scoprire che alcuni governi, o vari gruppi di potere, abbiano messo su degli interi uffici dediti a cercare errori fiscali degli oppositori, a tentare di intercettarli telefonicamente, e in generale a scavare a caccia delle loro magagne. Se hanno fatto il minimo errore, quasi sicuramente prima o poi verrà fuori e verrà sbandierato nei media.

7. Dare spazio alla finta opposizione

tecniche-di-manipolazione-mediatica-finta-opposizioneChi controlla i media sa bene che di opposizione c’è bisogno, almeno una.

Molte persone “nella massa” spesso non riescono a vedere le cause principali di molti dei loro problemi (es. la natura parassitica del sistema bancario, le corporazioni che incoraggiano il consumismo, il governo che lavora per sé stesso e le lobbies anziché per i cittadini), ma questo non toglie che riescano a sentire il dolore conseguente a queste cause: la frustrazione dovuta alla mancanza di tempo libero, la noia/stress dovuti a lavori insignificanti, l’infelicità dovuta a troppi oggetti e a troppe poche relazioni umane.

L’elite che detiene il potere capisce bene che questo sentimento negativo ha bisogno di una valvola di sfogo, altrimenti ci sarebbe davvero una rivoluzione che cambierebbe il sistema. E allora gliela fornisce, mettendo però in piedi un’opposizione fasulla.

Il che non richiede certo un gran lavoro: esistono molti personaggi che spontaneamente calzano bene il ruolo dei finti oppositori, basta tenerli frequentemente sotto gli obiettivi delle telecamere. Politici che nelle interviste si dichiarano contrari all’operato del governo (e poi dietro le quinte ci fanno accordi) o politici che davvero sono contrari all’operato del governo, ma hanno delle personalità e idee talmente bizzarre che quasi riescono a far riconsiderare i partiti principali di governo come “il male minore”.

8. Dare nomi positivi alle schifezze

tecniche-di-manipolazione-mediatica-giochi-linguisticiUn’altra classica tecnica di manipolazione, usata tantissimo nei media, è tutta basata sul linguaggio: si utilizzano nomi a cui istintivamente la gente associa una connotazione “positiva” per chiamare dalle gran schifezze fatte dalle corporazioni e dal governo.

Un semplice esempio, di cui ci si può accorgere più facilmente, sono gli spot commerciali in televisione (nota, per capire se un prodotto/servizio è spazzatura potete applicare questo criterio semplice ma praticamente infallibile: se lo pubblicizzano in televisione allora è spazzatura). Esiste una varietà enorme di snack pieni di coloranti, conservanti, e rifiuti tossici vari, i cui nomi contengono le parole special, happy, diet, light, natural.

Però ci sono altri esempi di manipolazione di più alto livello, tra cui molte manovre fatte dal governo, che non sono altrettanto evidenti per il pubblico. Azioni di guerra in paesi stranieri e occupazione militare diventano missioni di pace. Aumenti delle tasse vengono inclusi in piani per la ripresa o decreti sblocca-Italia. L’istituto per il monitoraggio fiscale viene chiamato equitàlia. E soprattutto c’è lei, la parola insensata che intasa i notiziari e viene ripetuta ovunque nei media come fosse un mantra: la crescita.

Leader politici e di corporazioni continuano ripetere ovunque l’importanza di avere crescita economica, e il pubblico spesso non si accorge di cosa davvero si nasconde dietro questo messaggio, proprio perché spesso alla parola crescita si associa qualcosa di buono.

La realtà è che perseguire la crescita infinita -dell’economia, della produzione, della popolazione- su un pianeta con risorse finite è insensato e pericoloso. Sarebbe più sensato, secondo me, parlare di sviluppo, ma questa parola nei media non si sente quasi mai. Il motivo per cui i leader della politica e delle corporazioni insistono invece con la crescita economica è che la crescita genera tasse, e le tasse pagano appunto lo stipendio ai politici stessi (che poi ridistribuiscono a cascata i soldi alle corporazioni “amiche”), e gli permettono di fare quello che vogliono fare.


Lascia che le tue opinioni siano davvero le tue

Si possono discutere parecchie altre tecniche, ma queste che ho appena descritto in questo breve elenco sono sicuramente tra quelle che io “sento” di più, e contro cui considero più utile tenere alta la soglia dell’attenzione.

A me sembra di scorgere gli effetti della manipolazione mediatica in molte persone, in cui appunto noto l’abitudine a parlare rigurgitando opinioni altrui, piuttosto che dando voce all’opinione propria.

manipolazione-mediatica-rigurgitare-opinioni-altruiIl metodo migliore per non cascarci, e per non lasciar cadere la propria opinione nel solco pre-confezionato e pre-scavato dai media è applicare il pensiero critico. Non credere a una storia o una notizia semplicemente perché ci credono tutti, o perché la fonte è una autorità. Rendersi conto che molti media sono perennemente a caccia di attenzione (“attention whores“), e che di conseguenza pubblicano intenzionalmente molte notizie che suscitano reazioni forti -rabbia, indignazione, eccitazione- proprio con l’obiettivo di catturare il pubblico.

E naturalmente chiedersi sempre, ogni volta che si ascolta un notiziario o si legge un giornale, se l’intenzione di chi sta diffondendo quella notizia è davvero mostrare dei fatti inalterati per informare il pubblico… o se invece l’intenzione è manipolarlo, per motivi di comodo.


Note:

Relativi: Che cos’è il “sistema”?, Come liberarti dal sistema

La funzione del lavoro

La funzione del lavoro è cambiata profondamente negli ultimi tempi: oggi non è più quella di produrre risorse, bensì quella di controllare l’accesso alle risorse. Incredibilmente, sembra che molti ancora non se ne siano accorti.

funzione-del-lavoro-copertinaLavoro improduttivo

Ogni giorno un fiume di impiegati si riversa nel traffico, e poi si chiude 8 e più ore in ufficio… però non sta producendo praticamente nulla. Una minima parte di questi lavoratori, certo, produce davvero risorse utili. Magari crea applicazioni tecnologiche innovative, o fa ricerche in campo scientifico o alimentare.

Ma sfortunatamente questa minima parte è sovrastata, schiacciata da un’enorme massa di impiegati che, in ore di fuffa davanti ai computer, non produce alcun valore concreto per la società. Di questa massa ho fatto parte anch’io, e fanno attualmente parte molti miei parenti e amici, per cui la sensazione frustrante di “non aver prodotto niente” alla fine di una giornata in ufficio la conosco bene.

Perché succede questo? La causa sono i lavoratori, che sono troppo pigri e demotivati, e che quindi in tante ore di lavoro non producono niente degno di nota? In realtà, solo in minima parte. La causa principale dell’ improduttività non sono i lavoratori, la causa è proprio il lavoro stesso: è concepito male, e soprattutto non serve.

Il lavoro è concepito male

Sul fatto che il lavoro moderno sia concepito male ho già scritto, per cui qui sarò molto breve.

Il problema è che insistiamo a usare un modello di lavoro dell’epoca industriale, obsoleto, che poteva andar bene un tempo, in cui un operaio messo al tornio per 8 ore a muovere la manovella, passava effettivamente 8 ore a muovere la manovella. Ma questo modello si continua ad utilizzare oggi, e applicato al lavoro intellettuale, di concetto, non funziona. Non ripeterò mai abbastanza che l’idea di portare avanti un lavoro intellettuale per 8 e più ore al giorno è irrealistico.

C’è l’ostinazione a vincolare il lavoro al tempo che il lavoratore passa effettivamente a lavorare, come se ai clienti che comprano un bene/servizio importasse qualcosa di quante ore è stato necessario lavorare per produrlo. Questo vincolo non ha molto senso, per un numero sempre crescente di lavori. Quello che ha senso, invece, è vincolare il lavoro al valore che viene creato e distribuito ai clienti.

Il lavoro non serve più

Ma c’è qualcosa di ancora più interessante: il fatto che il lavoro sia improduttivo, in realtà, non è un problema. So che questa affermazione sembra controintuitiva, eppure bisogna considerare che siamo arrivati a un punto, nella storia, in cui non abbiamo bisogno di aumentare la produzione di risorse, perché le risorse ci sono già per tutti. Anzi, ce ne sono decisamente troppe.

Ad esempio in termini di cibo. Attualmente siamo oltre 7 miliardi di persone sul pianeta, ma produciamo cibo per sfamarne 12 miliardi. Quindi produciamo troppo cibo e lo buttiamo via, riuscendo comunque, nel frattempo, a far morire di fame milioni di persone (in Africa e altri paesi poveri). Lo spreco della risorsa cibo è stato messo in numeri da uno studio di qualche anno fa, che ha evidenziato come una percentuale tra il 30 e il 50% del cibo prodotto sul pianeta non raggiunga mai uno stomaco umano. E senza dover consultare i numeri, lo vediamo bene “a occhio” nelle nostre case e nei supermercati: si butta tanto, si butta troppo.

E che dire del cibo per la mente? Anche di questo ce n’è tantissimo, infinitamente di più di quanto la società attuale sembra desiderare. Gli scaffali delle librerie contengono tantissimi libri grandiosi, ma di questi libri gran parte delle persone non ne leggerà nessuno, o al massimo solo una manciata, in una vita intera. Ci sono molti più documentari e film interessanti di quanti la persona media vedrà mai, e il mondo è pieno di posti meravigliosi (con bellezze naturali e artistiche da togliere il fiato), ma di questi posti la persona media non ne vedrà che una frazione microscopica in tutta una vita.

Il mio recente articolo “Roma vs Barcellona” infatti, è nato dal mio stupore nel constatare come la mia città, Roma, sia piena di posti straordinari, eppure gran parte delle persone che conosco -molte delle quali residenti a Roma stessa e dintorni-, non li ha mai visti, e anzi nemmeno sa che esistono. Passano gran parte del loro tempo a lavorare (improduttivamente) e di conseguenza non hanno molto tempo residuo per “consumare” le risorse artistiche della città.

Un altro esempio è quella della risorsa casa. Spesso si discute dei problemi di chi la casa non ce l’ha, e che si ritrova a vivere in strada, o delle famiglie numerose che vivono ammassate in un paio di stanze. Eppure raramente si fa notare che nelle città e nei paesi ci sono tantissime case vuote, inutilizzate. Case in cui non abita nessuno, e che non vengono nemmeno messe in affitto dai proprietari.

Questi sono pochi esempi, eppure già dovrebbero rendere evidente una cosa: la verità è che oggi esiste una sproporzione tra la quantità enorme di risorse che l’umanità ha a disposizione (cibo, case, arte, conoscenza, forme di intrattenimento…), e la quantità di queste risorse che viene effettivamente consumata: ne viene consumata solo una parte, a volte solo una parte ridicolmente piccola.

Per questo motivo i mantra ripetuti spesso da politici e media, “bisogna produrre di più” e “bisogna crescere”, sono una sciocchezza. Perché preoccuparsi di produrre più risorse, se l’umanità già adesso ha a disposizione un patrimonio immenso di risorse, di vario genere, che non usa?

Non ha molto senso questo fiume di lavoratori che corre ogni giorno tra il traffico e l’ufficio. Non solo il loro lavoro è condannato già dalla partenza ad essere improduttivo, proprio perché come ho accennato sopra segue un modello obsoleto e assurdo, ma addirittura non ha nemmeno bisogno di esserlo, produttivo, perché l’umanità non ha bisogno di più risorse.

Tutto questo lavoro non serve più. Non a produrre almeno, visto che la funzione originaria del lavoro è ormai decaduta.

Eppure si continua a lavorare

Già, eppure si continua a lavorare, e anche tanto. Il serpentone si attiva tutte le mattine. Sveglia, un caffè bevuto di corsa, i nervi per il tempo trascorso nel traffico, e poi ore e ore chiusi in ufficio, di cui solo una parte a produrre qualcosa di utile, e l’altra a perdere tempo in attività insignificanti. Tutto questo “qualcosa” dovrà pur fare. Una qualche funzione, tutto questo lavoro, dovrà pur averla. E infatti ce l’ha.

La funzione è diventata quella di controllare l’accesso alle risorse.

funzione-del-lavoro-controllo-accesso-alle-risorseIl fatto che le risorse esistano in grande abbondanza, infatti, non è certo garanzia che tutti riescano ad accedervi, tutt’altro. Oggi ad esempio moltissime persone non possono permettersi di mangiare cibo sano, di possedere una casa, di aumentare le proprie conoscenze tramite libri e documentari, di esplorare il mondo. E se non possono permetterselo è perché c’è qualcosa che glielo vieta: è proprio il loro lavoro.

È a causa del lavoro che le persone tornano la sera stanche a casa, e non hanno energia mentale per leggere un libro o guardare un documentario, per cui finiscono a guardare i telequiz in televisione.

È a causa del lavoro che le persone non hanno tempo e voglia di cucinare cibo salutare, che di solito richiede più tempo per essere reperito e preparato, per cui finiscono a mangiare cibi confezionati industriali, altamente processati.

È a causa del lavoro che le persone “non hanno le ferie” per potersi allontanare dalla propria città per viaggiare qualche mese per il mondo, per cui finiscono a doversi accontentare di 2-3 settimane di libertà all’anno, d’estate, in cui ovviamente tutto è più costoso: voli aerei, pernottamenti in hotel, intrattenimenti vari.

È a causa del lavoro che le persone restano disinformate, troppo svuotate fisicamente e mentalmente la sera da aver voglia di cercare informazioni alternative a quelle dalla televisione mainstream, e non vedono che sono proprio i politici e i capi delle corporazioni a decidere che le risorse vengano buttate, piuttosto che rese accessibli a chi ne ha bisogno.

Ad esempio, il motivo per cui molti proprietari di case preferiscono tenere le loro abitazioni chiuse e non affittate, piuttosto che metterle a disposizione, è che il governo rende sconveniente affittarle. Tra le tasse altissime e il nessun supporto in caso di infrazioni da parte degli inquilini, si è creato un sistema in cui è spesso preferibile lasciare la risorsa casa inutilizzata, piuttosto che metterla sul mercato.

Questa non è che una delle tante situazioni paradossali moderne, eppure di queste situazioni moltissimi lavoratori nemmeno se ne accorgono, proprio perché troppo assorbiti dal lavoro per farsi qualche domanda sulla realtà che li circonda.

Tenere occupate e distratte le persone, questa è diventata ormai la funzione predominante del lavoro, visto che la vecchia funzione produttiva si è praticamente estinta. Siamo arrivati a un grado di sviluppo in cui le risorse essenziali, quelle di cui la gente ha concretamente bisogno (cibo, casa, vestiti, medicinali e poco altro) vengono già prodotte da una piccola frazione della popolazione mondiale per tutti gli altri, in grande abbondanza, grazie al supporto delle macchine.

Tutto il resto dei lavoratori invece, il serpentone che tutti i giorni corre tra traffico e ufficio, è per lo più dedito a lavori superflui, poco produttivi, utili ad auto-alimentare il serpentone stesso. Dall’industria bancaria, all’industria farmaceutica (in gran parte), alle corporazioni alimentari del cibo processato, ai vari uffici pubblici, non è certo sorprendente che i lavoratori tornino a casa la sera non riuscendo a reprimere la sensazione di “non aver concluso niente”: il fatto è che non c’era proprio nulla da concludere!

Tutto quello che c’era da fare in realtà, era tenersi occupati e distratti. E a questo il loro lavoro ci ha pensato egregiamente.

I vantaggi della disoccupazione

Se aprite gli occhi, vi accorgerete che oggi le persone che hanno più difficoltà ad accedere alle risorse, quelle che ad esempio faticano di più a comprarsi una casa, o semplicemente a mantenere uno stile di vita salutare, sono proprio le persone che passano più tempo nel serpentone. Quelle che si tengono stretto il posto di lavoro, e che lavorano molte ore.

A queste persone viene ripetuto che “il lavoro è la soluzione” dei loro problemi, che lavorando di più si avvicineranno di più alle risorse che desiderano. E invece è vero esattamente il contrario: è proprio il loro lavoro che le tiene lontane dalle risorse. Il lavoro è il problema. Ad esempio, sono proprio tutte quelle ore di lavoro che tolgono alle persone la voglia di scoprire che cos’è il denaro, come viene prodotto, da chi, come funziona, togliendo loro di conseguenza la possibilità di imparare a guadagnarne di più.

Nonostante si continui a ripetere ovunque, senza applicare un ragionamento critico, che “c’è bisogno di lavoro” e che “bisogna aumentare l’occupazione”, io credo che oggi la società intera trarrebbe dei grossi benefici se aumentasse, di parecchio, la disoccupazione. Poiché moltissimi lavori che vengono svolti sono improduttivi e sterili, o magari lo sono, produttivi, ma producono comunque un eccesso di risorse che viene poi buttato, non ci sarebbero certamente danni se questi lavori sparissero.

Ci sarebbero invece molti vantaggi: le persone avrebbero più occasioni di guardarsi intorno, informarsi, avere una visione più completa della realtà in cui vivono. Potrebbero prevenire le malattie grazie a un’alimentazione naturale e uno stile di vita poco stressante, anziché curare le malattie dopo che si sono manifestate. Potrebbero dedicarsi alla ricerca, all’arte, allo studio. Tutte attività, queste, che accelererebbero lo sviluppo della società, piuttosto che la sua “crescita”.

Perché, è importante sottolinearlo, è lo sviluppo che fa bene a una società, non la “crescita”. La crescita infinita, su un pianeta con risorse finite, non ha senso. È solo uno slogan vuoto che ripetono i politici per mandare avanti questo sistema basato sul lavoro improduttivo, dei cui effetti (la generale disinformazione della popolazione) beneficiano solo loro stessi e pochi altri appartenenti ad elite di corporazioni e media.

Il futuro è della disoccupazione

Voglio cercare di rispondere a una domanda interessante: come evolverà il lavoro in futuro? Si lavorerà tante ore come oggi?

robot-cassiere-in-un-barLascio che a rispondere sia questa foto, che ho fatto di recente nell’aereoporto di Barcellona. È uno dei bar che vendono bevande e panini ai viaggiatori. Alla cassa non c’è piu solamente la cassiera umana che gestisce il pagamento da parte dei clienti. No: tra la cassiera umana e il cliente si è inserito un robot, bello corpulento tra l’altro. Il cliente quindi non paga più direttamente alla cassiera umana, ma mette i soldi dentro l’intermediario robot, e dal robot stesso riceve il resto.

Ho trovato buffo come la cassiera umana fosse quasi sepolta dietro l’ingombrante robot, e mi sono chiesto quanto tempo passerà prima che sparirà del tutto da lì dietro, lasciando che sia il robot da solo a gestire la transazione, in maniera completamente indipendente. Non molto, probabilmente.

Infatti, anche se il lavoro di cassiere oggi è ancora svolto per la maggior parte dalle persone, non è certo azzardato prevedere che in futuro sarà svolto quasi esclusivamente dalle macchine. La tendenza è già evidente adesso nei supermercati, dove c’è una frazione sempre crescente di casse automatiche che sostituiscono le casse dotate di operatore umano.

Per quanti tipi di lavori umani è in atto la stessa tendenza? Moltissimi: essenzialmente tutti quelli manuali, o che richiedono solo una capacità logica minima, come è fare i conti. Per altri lavori invece il passaggio di consegne deve ancora cominciare. Nel settore dell’edilizia, ad esempio, attualmente gli edifici si costruiscono ancora con molto lavoro umano da parte dei muratori, ma non è difficile immaginare che a breve anche il lavoro del muratore sparirà, e che le case verranno “stampate” con tecnologie come quella delle stampanti 3D.

Nel passato abbiamo visto l’estinzione progressiva di molti lavori umani, a ritmo continuo, e credo che questo ritmo continuerà naturalmente in futuro. I lavori che maggiormente spariranno saranno qualli manuali, mentre quelli con più alta probabilità di sopravvivenza saranno i lavori creativi e artistici, in cui l’umano ha un incolmabile vantaggio sulle macchine. Ed è proprio in questi tipi di lavori che quello che conta è il valore: le idee, gli spunti, l’ispirazione, la passione. Tutte cose che hanno poco a che fare con le ore passate dentro un ufficio.

Nonostante molte persone che svolgono lavori non creativi tendono ad avere paura del cambiamento, opponendosi all’idea che il loro lavoro non serva più (perché svolto in maniera più efficiente e produttiva dalle macchine), l’aumento della disoccupazione è naturale e fisiologico. Ha perfettamente senso che in futuro le persone lavoreranno per molte meno ore a settimana di quanto si faccia adesso.

Uno scenario futuro, verso cui possiamo dirigerci, è quello in cui ancora di più le macchine si occuperanno di produrre le risorse essenziali per le persone, mentre le persone si concentreranno su attività mirate allo sviluppo, come arte, scienza e ricerca. Uno scenario in cui il vincolo lavoro-reddito sia molto debole, e in cui ovviamente chi vorrà potrà lavorare anche tantissime ore a settimana, ma lo farà per passione, e non perché costretto dal sistema finanziario.

Verso questo scenario ci stiamo già dirigendo, ma in maniera incredibilmente dolorosa, a costo dell’enorme stress che moltissimi lavoratori immersi nel serpentone provano ogni giorno, e a costo del loro non poter accedere alle risorse proprio perché troppo occupati a lavorare (improduttivamente) per potervi accedere.

Capire che tutto questo lavoro, ormai, ha quasi esclusivamente la funzione di controllo sociale, di regolare l’accesso a risorse già esistenti in abbondanza, è un passo essenziale per facilitare il percorso. Aver letto questo articolo dovrebbe averti dato una mano a farlo.


Note: Lo studio citato sullo spreco di cibo è “Global food – Waste not, want not” condotto da imeche.org.

Relativi: Come guadagnare senza lavorare, Roma vs Barcellona, Come liberarti dal sistema

Cose importanti che ho imparato

Queste sono alcune delle cose più importanti che (penso) di aver imparato, o che sono nel processo di imparare, in questi ultimi anni della mia vita.

Spiritualità

● L’enorme potere della parola grazie.

● Il concetto di coscienza. Che ci sono diversi livelli di coscienza a cui la gente vive. Che anche la musica, i film, l’arte, gli oggetti hanno il loro livello di coscienza.

● Non è la coscienza ad essere creata dalla materia, ma esattamente l’opposto: la materia è creata dalla coscienza.

● L’ateismo ha un punto di vista fisso, piuttosto sterile. Dopo essersi diplomati dall’ insensatezza religiosa, è possibile, e necessario, diplomarsi ulteriormente dall’ateismo per continuare a progredire nel percorso dell’ evoluzione spirituale.

● Lo scetticismo cronico è un’ attitudine molto controproducente. Prima ero uno scettico cronico, che non credeva “in niente”. In questi giorni preferisco tenere gli scettici cronici a distanza.

● Ho imparato alcune grandiose lezioni dai libri di Eckhart Tolle, in particolare queste tre:

  • cosa significa essere presente, l’idea di essere qui e adesso. E ho realizzato che solo una frazione dei pensieri che fluiscono nella mia mente è utile. Il resto sono un rumore che mi distrae, inutile e ripetitivo.
  • che cos’è l’ego. Ho realizzato di avere un ego, e uno terribilmente difficile da domare.
  • il meccanismo del dramma che guida molte relazioni umane. Gran parte delle persone tendono a creare drammi non necessari e evitabili, per alimentare una piccola “bestia” che hanno dentro, una bestia che si nutre di emozioni negative.

Di questi tre concetti, penso di capire bene la teoria dietro i primi due, ma faccio ancora schifo nel trasformare questa teoria in pratica. Ci sono ancora più pensieri inosservati e più finzione in me di quanto mi piacerebbe avere. Con il dramma, invece, penso di andare bene sia in teoria che in pratica. Non sono mai stato una gran drama queen.

● La regola migliore da applicare con le persone che provano a incominciare un dramma è: non partecipare. Lasciarli gridare, gesticolare, piangere, restando assolutamente calmi, composti, in silenzio, replicando solo cose come “si, hai ragione”, finché si spengono.

● La vita è sul trovare il punto di equilibrio a metà tra due tipi di consapevolezza:

  • che noi, esseri umani, abbiamo un potere enorme e un grande controllo sulle nostre vite, e che siamo capaci di realizzare cose meravigliose, gigantesche, sensazionali.
  • che ci sono cose nelle nostre vite che non controlliamo affatto, e quelle cose potrebbero distruggere tutto quello che abbiamo costruito, in ogni momento.

Il trucco è riconoscere che sono entrambe vere, ma poi decidere di avere fede, e lavorare duramente per realizzare le cose meravigliose.

● Guarire non corrisponde a sentirsi rilassati e comfortevoli tutto il tempo. Guarire, di solito, significa dolore e sforzi.

● La legge di attrazione ha moltissimo senso, però sembra che molta gente non afferri la parte attrazione in essa. Dopo aver creduto che qualcosa succederà, è necessario lavorare -spesso duramente- per farla succedere.

● Ogni persona può essere un eroe. Anche se molte persone oggi considerano il coraggio come un tratto riservato ai personaggi dei film soltanto, chiunque può coltivare il coraggio e applicarlo alla vita vera, questa vita.

● La vita prova a “parlarci” costantemente, e prova a insegnarci lezioni tutto il tempo. Le persone che incontriamo, gli eventi che ci succedono intorno, spesso hanno dei messaggi per noi. Dobbiamo rimanere ricettivi, con un’antenna, per captare il messaggio.

● I sogni meritano molta più attentione di quanta ne ricevono comunemente: i sogni “normali” che abbiamo durante il sonno, i sogni lucidi in cui possiamo manipolare l’ambiente -sono davvero una figata-, e anche i sogni a occhi aperti. È vero, come ho letto da qualche parte, che i sogni non sono fatti per farci dormire, ma per farci svegliare.

● Gesù Cristo, probabilmente, non è mai esistito come figura storica. È un carattere fittizio che fu inventato dagli antichi Romani, come strumento di propaganda per dominare gli Ebrei del tempo. Ho sentito questa teoria nel documentario “Caesar’s Messiah”, e la considero non solo molto credibile, ma anche una rivelazione super sensazionale!

Amore

● L’amore è molto più grande del solo amore romantico, il tipo di amore nella relazione di coppia che viene dipinto estesamente nei film e nei libri. Quello è solo una parte, ma c’è anche l’amore per gli amici, la famiglia, gli sconosciuti, gli animali, le piante, l’arte, il lavoro, la vita.

● La gelosia non ha senso. Di fatto è una conseguenza di confondere erroneamente l’amore di coppia con l’amore vero.

● Se c’è un significato nella vita, è l’amore. Alla fine della storia, quello che conta davvero è l’amore che abbiamo dato, e l’amore che abbiamo ricevuto.

Me stesso

● La sfida più importante e difficile nella mia vita è imparare a gestire le mie emozioni. Sono consapevole che se voglio riuscire a raggiungere i miei più grandi traguardi, questa è un’abilità necessaria da padroneggiare. Non ho altre vie.

● Non farò progressi significativi nella vita imparando un sacco di nuove nozioni. Li farò, invece, imparando alcune nozioni specifiche, e coltivando virtù come il coraggio, l’onestà e la disciplina.

● Praticare l’introspezione, per scoprire cosa c’è dentro me stesso, è molto difficile e doloroso. È anche l’avventura più entusiasmante. Ed è anche piuttosto strano: ricerco, studio, faccio sforzi, tutto questo senza nemmeno sapere che cos’è quello che sto cercando. Ma ho un forte istinto che devo continuare a scavare.

● Gli stimoli con cui nutro me stesso (film, libri, musica) impattano direttamente il modo in cui penso, e il modo in cui mi sento. Per quanto possa sembrare ovvio adesso, non ero consapevole di questa connessione alcuni anni fa. In questi giorni, evito coscientemente di guardare film horror, o leggere libri riguardo assassini e psicopatici, per esempio. Preferisco dare in pasto alla mia mente argomenti felici.

● Ci sono così tante cose che non so. Ma più cose nuove scopro, più cresce dentro di me il senso che ce ne sono altre da scoprire…

Persone

● Avere pensieri originali è estremamente raro. Gran parte dei pensieri che circolano nella mente della gente sono pensieri di qualcun altro.

● Molte persone, quando parlano, semplicemente rigurgitano cose che gli sono state insegnate da bambini. Lo fanno a ripetizione, tutta la vita, senza mai applicare un po’ di pensiero critico per decidere se quegli insegnamenti avessero senso o meno.

● Semplicemente perché qualcuno parla più forte, o ha un microfono in mano, non significa che meriti più attenzione.

● C’è una differenza enorme tra cultura e saggezza. Molte delle persone che conosco sono piuttosto colte, ma pochissime sono sagge.

● Il mondo è pieno di corruzione, odio, disonestà, eppure nel mezzo di questo casino ci sono alcune persone con un’anima incredibilmente bella. Sono così preziose che danno un senso alla missione di ricercarle.

● È una grande abilità essere capaci di parlare, e agire, senza farsi guidare delle emozioni. Ed è importante riconoscere quando le altre persone, specialmente quelle vicine, come i familiari e gli amici, danno suggerimenti dettati dalle loro paure e insicurezze, in modo da scartarli.

● Molte persone non cambiano mai. Per quanto vengono esposte a informazioni chiare, utili, che potrebbero usare per risolvere i loro problemi, esse ignoreranno quelle informazioni e continueranno a sbattere la testa con gli stessi problemi, anno dopo anno, per tutta la loro vita. È meglio non perdere tempo insistendo ad aiutarle, ma focalizzarsi invece su quelli che sono pronti ad accettare soluzioni.

● Il modo migliore per rapportarsi con le persone depresse è starne lontano. La felicità è una scelta, e molte persone depresse semplicemente scelgono di essere infelici.

● Ci sono cose che le masse fanno, ma poco importa quante persone le facciano: non hanno comunque nessun senso, per cui non c’è nessun bisogno di unirsi al coro. Due grandi esempi in questa categoria sono:

  • rivolgersi alla politica per avere risolti i problemi della società.
  • lavorare in posti di lavoro in cui si scambia il tempo con il denaro.

Denaro

● Il denaro è un argomento eccitante, e non noioso come pensavo prima. Il denaro è utile per capire le emozioni della gente, soprattutto la paura.

● Il denaro è sostanzialmente solo un costrutto mentale.

● Il denaro favorisce quelli che lo producono e controllano (banche e governi) e schiavizza quelli che lo usano (i cittadini).

● Avere un lavoro regolare non è l’unico modo onesto di guadagnare denaro, i sistemi di reddito passivo sono un’altra opzione, e molto più intelligente sotto molti punti di vista.

● Economia e finanza sono due cose molto differenti. L’economia è più riguardo le persone, come si comportano nel mercato per andare incontro ai loro desideri. È un argomento molto più concreto, utile da studiare. La finanza invece è sui soldi di carta, banche, grafici, titoli: tutte queste cose fanno parte di un circo che non aggiunge essenzialmente alcun valore alla vita delle persone.

● Fare il passaggio da impiegato a imprenditore richiede un grande cambio di mentalità. Un imprenditore ha bisogno di abilità molto differenti: per esempio è necessario capire di più la psicologia delle persone.

● Capire la legge della domanda e dell’offerta è super utile, e non solo per un imprenditore che manda avanti un’attività, ma per chiunque, perché si applica a molte situazione di vita quotidiana.

● Non puoi fare la cosa giusta, se sei nel posto sbagliato. Per esempio, anche se lavori duramente, diligentemente e efficientemente, ma stai fornendo il tuo lavoro a istituzioni che producono zero (o sottraggono) valore alla società -come corporazioni bancarie o produttori di sigarette- stai solo illudendo te stesso che stai “facendo un buon lavoro”.

● Penso di capire il denaro bene abbastanza, adesso, da essere capace di diventare molto ricco se lo desidero, in maniera onesta, e senza nemmeno lavorare troppo. Però, non ho ancora deciso se questo è quello che voglio. Molto denaro mi permetterebbe di sviluppare alcuni bei progetti in grande scala (come costruire ospedali, scuole, media educativi), ma dall’altra parte, attrarrebbe inevitabilmente l’attenzione del governo. E non sono sicuro di voler spendere il mio tempo avendo a che fare con una simile struttura gigante e predatoria. Devo riflettere ulteriormente su questo.

● Una delle cose più pazze del mondo moderno è che molte persone passano una vita intera a lavorare per denaro, senza nemmeno capire per cosa stanno lavorando. Non si prendono mai un po’ di tempo per capire come il denaro viene prodotto, da chi, come funziona.

● Poche cose ti metteranno in una posizione inusuale come diventare libero finanziariamente. Mentre tutti parlano, agiscono e si muovono guidati dal desiderio di fare soldi, tu sei parte di una piccolissima minoranza che si focalizza su altri argomenti.

Salute

● Avere una dieta salutare essenzialmente richiede due cose:

  • sviluppare una conoscenza riguardo la nutrizione (in particolare capire il concetto di densità di nutrienti dei cibi).
  • disciplina.

● I prodotti basati sulla farina raffinata (come pasta e pane) sono quasi altrettanto poco salutari quanto lo zucchero bianco. Non ha senso, come facevo fino a qualche anno fa, evitare lo zucchero come un fondamentalista ma poi abbuffarmi di pasta e pane ogni giorno.

● Se c’è un cibo che devo stare sempre attento a non mangiare, è il cibo bruciato. Le croste nere sotto la pizza, sul pane tostato, sulla carne grigliata sono carichi di una quantità disastrosa di tossine.

● Gran parte del miele venduto nei negozi è altrettanto non salutare quanto lo zucchero bianco, perché è pastorizzato, scaldato a alta temperatura, questo gli da quella consistenza trasparente e fluida come di uno sciroppo. Il miele grezzo è quello da scegliere.

● I latticini con percentuali ridotte di grassi, o completamente scremati, sono in realtà meno salutari delle loro controparti intere. Il grasso nel latte, nello yogurt e nel formaggio è utile per digerire la vitamine lipo-solubili. Quindi è meglio mangiare questi cibi in versione intera.

● La dieta impatta la salute complessiva, e anche la figura, più di quanto faccia l’esercizio fisico.

● L’esercizio è utile, ma farne troppo può stressare i corpo e “consumarlo”. Avevo l’abitudine di andare in palestra 3/4 volte a settimana, in questi giorni preferisco andare un paio di volte e prestare più attenzione al modo in cui mangio, invece.

● Nonostante sia super popolare, fare jogging non è poi così salutare. Quando una persona corre, i tessuti e gli organi del corpo sballonzolano su e giù, su e giù, su e giù, e questo è piuttosto stressante -e invecchiante- per l’organismo. È molto più salutare a lungo termine preferire attività come il sollevamento pesi moderato, lo yoga, la ginnastica.


Note: Mi aspetto che queste comprensioni resteranno valide per molti anni a venire, quindi ho scritto questo post come un promemoria per me stesso, con alcune indicazioni utili da seguire in futuro. Sarà anche interessante vedere se cambierò opinione su alcune di esse, e se avrò voglia di aggiungerne altre.